Mirella Castigli: Il 2020 è l’anno delle vite sospese dei nostri ragazzi. Naturalmente, a causa della pandemia. La scuola, i conservatori, le accademie e le università hanno cercato di allestire sistemi di “Didattica A Distanza” (DAD), per consentire agli studenti di seguire le lezioni senza rimanere indietro. Professoressa, come ha ritrovato i suoi studenti dopo mesi di DAD? Di quali cose hanno più sentito la mancanza, secondo lei? Hanno perso competenze in termini di creatività e indipendenza, o invece la DAD ha comunque colmato lacune?

Emanuele Magli: I ragazzi sono tornati a scuola, a settembre, con un fortissimo bisogno di stare insieme; la complicità che si crea tra compagni di classe è molto mancata.

Ciò che ho trovato più difficile, al rientro a scuola, è stato il mantenimento dell’attenzione degli alunni. Probabilmente, abituati all’interazione con il supporto digitale, sia in modalità sincrona che asincrona, liberi di gestire e di dosare il livello di attenzione da dedicare a quanto proposto, i ragazzi hanno faticato e faticano ancora a indirizzare anche solo semplicemente lo sguardo verso chi parla.

La voce del docente che spiega, anche con l’ausilio della LIM, e quindi di un supporto visivo, rischia di essere percepita come un sottofondo da sentire (non ascoltare) mentre si fa altro.

Credo che durante la DAD, stando anche a quanto riferito dai genitori, il problema più evidente sia stata la gestione del tempo e degli impegni da parte dei ragazzi.

Lavorando con alunni di scuola secondaria di primo grado, quindi ancora relativamente piccoli, ho avuto modo di constatare la necessità della scansione dei tempi della giornata.

Molti, anche tra i migliori dal punto di vista didattico, hanno spesso rimandato l’esecuzione di compiti assegnati a distanza, arrivando a consegnare, spesso in ritardo, lavori svolti in maniera evidentemente affrettata e poco curata.

MIRELLA CASTIGLI: Il lungo, pur necessario, lockdown potrebbe portare i ragazzi più fragili sulla pericolosissima strada degli Hikikomori giapponesi (ragazzi che si chiudono nelle
camerette per vivere solo attraverso Avatar e videogiochi) e quindi potrebbe avere un impatto su depressione ed ansia che alla lunga possono condurre alla dipendenze. La musica può essere un antidoto?

Emanuele Magli: Penso che la musica, ma anche la lettura, possano arricchire le giornate dei ragazzi, facendoli riflettere, permettendo loro di immedesimarsi in personaggi e vicende, di sentirsi meno soli.

Quante volte ci capita di ascoltare una canzone e di sentirci capiti? Di sentirci rappresentati?

Sembra quasi che l’autore del testo parli di noi, anzi, sembra che sappia dire con le parole ciò che noi ci limitiamo a provare.

La musica, inoltre, offre ai ragazzi momenti aggregativi. Pensiamo alla bellezza della musica d’insieme, in alcuni casi anche a distanza.

Moltissimi ragazzi, pur non avendo alle spalle particolari studi musicali, si mettono al computer e, grazie ai numerosi software presenti sul mercato, si dilettano a creare musica.

Credo che, al di là della solitudine e dell’ansia, l’eccesso di tempo libero, non impiegato in qualcosa di costruttivo come lo sport o, appunto, la musica, possa rappresentare una spinta
dei ragazzi alla ricerca di qualcosa che ravvivi le loro giornate.

Il desiderio di emozione, in una vita piatta, li porta a mettere in atto pratiche più o meno rischiose e trasgressive, dall’uso di sostanze allo sfidarsi in modi sempre più rischiosi.

MIRELLA CASTIGLI: Anni fa Google condusse un sondaggio interno scoprendo le Soft Skills (empatia, considerazione per i dipendenti come individui con valori e punti di vista eccetera) – e non solo le STEM (science, technology, Engineering and Mathematics) distinguevano gli alti dirigenti dal resto del personale. Oggi la gentilezza è uno stile di vita, spiega
Esther Wojcicki nel suo metodo per crescere figli indipendenti e felici (“Bambini che cambiano il mondo”, Sperling & Kupfer). La pandemia ci ha insegnato che tutti siamo
interconnessi e che finita l’era della concorrenza spietata, dal momento che i lavori del futuro post-Covid saranno basati sulla collaboration, l’attitudine a lavorare in team
e ad essere cooperativi: davvero l’empatia è rivoluzionaria anche in DAD?

Emanuele Magli: Credo che l’empatia sia una dote importante in qualsiasi ambito.

Sapersi mettere nei panni di qualcuno e comprenderne le emozioni, consente a ognuno di avere un approccio più adeguato nei confronti dell’altro. Apparentemente, la distanza ci fa percepire meno importante questa qualità che, invece, credo sia fondamentale.

Il rispetto delle regole della netiquette, per esempio, impedisce il verificarsi di episodi sgradevoli tra i ragazzi che, spesso, non colgono immediatamente le possibili conseguenze delle loro azioni. Mettersi nei panni di qualcun altro aiuta i ragazzi a domandarsi preventivamente quali potrebbero essere sugli altri gli effetti di una loro azione; domandarsi “se facessero a me questa cosa, come mi sentirei?” potrebbe essere un primo deterrente all’agire d’impulso.

A scuola, ma anche nella vita quotidiana, ci si illude di poter normare tutto per prevenire e sanzionare comportamenti scorretti, salvo poi constatare che questa operazione non solo è impossibile, ma anche inutile.

Una buona educazione al rispetto degli altri, che accompagni i ragazzi fuori dal loro egocentrismo, sarebbe molto più efficace. Loro lo capiscono, non sono impermeabili, tutt’altro; vanno solo accompagnati con tanta, tanta pazienza e autorevolezza.

Estratto C.V. Emanuele Magli
Abilitato all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola
secondaria di primo e secondo grado, dopo alcuni anni di servizio nella scuola primaria, su
posto comune, passa all’insegnamento dell’Educazione Musicale nella scuola secondaria di
primo grado. È stato collaboratore del Dirigente Scolastico del proprio istituto e Animatore
Digitale per l’attuazione del PNSD. Attualmente è Funzione Strumentale al PTOF per l’area Autovalutazione d’Istituto.